Il Presidente di U.F.Ha., Guido Trinchieri, è stato ascoltato dalla Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani.
Di seguito il suo intervento.
Va innanzi tutto sottolineato che il vivere dignitosamente è strettamente connesso al riconoscimento dei diritti fondamentali della persona. U.F.Ha. ritiene quanto mai opportuna la scelta di questa Commissione di allargare la sua verifica al mondo della disabilità, in un momento storico caratterizzato da disattenzione e arretramento rispetto all’attuazione dei principi e dei contenuti della Carta Costituzionale al mondo delle disabilità, in concreto troppo spesso manca una corretta attuazione delle politiche sociali, che pure nascono e si rifanno a quei principi.
Questa Commissione si occupa di temi della massima rilevanza, trattando della violazione dei diritti umani a livello nazionale ed internazionale. Le nostre associazioni, o meglio, tutti i cittadini italiani, hanno a disposizione strumenti legislativi rispettosi della dignità della persona e dei diritti di cittadinanza secondo i principi fondamento della Repubblica. Constatiamo tuttavia, come, inerzia, sciatteria, disattenzione, superficialità, nell’attuare le leggi dello Stato, non di rado, sconfinano nella violazione di diritti umani.
È noto che fino agli anni Sessanta del secolo scorso le politiche sociali nazionali rispondevano sostanzialmente al dettato della legge Crispi del 1890, che regolava le istituzioni “elemosiniere e di assistenza e beneficienza” alle quali era stato affidato il compito di assicurare «il mantenimento nei ricoveri di mendicità o in altri istituti equivalenti, degli individui inabili al lavoro, privi di mezzi di sussistenza e di congiunti tenuti per legge a somministrare gli alimenti».
Negli anni, grazie all’impegno di tutti, e dell’associazionismo in particolare, il rispetto dei diritti umani si è decisamente imposto e, oggi, la Repubblica Italiana si è dotata, nello specifico, di una legislazione che non è una iperbole definire la più civile d’Europa.
Questo cambiamento culturale, e di prospettiva, stenta tuttavia a trovare pienamente spazio nel nostro sistema sociale, incidendo spesso solo marginalmente sulle condizioni di vita delle persone con disabilità, tradendo le aspettative delle persone con disabilità e delle famiglie che se ne prendono cura, così i disservizi si trasformano in concreta violazione di diritti costituzionali ed umani.
È utile entrare nel dettaglio facendo riferimento, come caso di studio, ad uno dei temi più attuali, il cosiddetto “dopo di noi” (Legge 22 giugno 2016, n. 112).
Nel 2000 è la legge 328, “Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali” a sancire un radicale mutamento di paradigma rispetto alla legge Crispi nell’approccio ai problemi connessi alle condizioni di vita delle persone più fragili ed esposte.
Nello specifico, all’art.14 la legge parla di “progetti individuali per le persone disabili”, espressione che avrebbe necessariamente compreso le situazioni
conseguenti al venir meno del supporto delle cure parentali, appunto il “dopo di noi”.
La legge cost. 3/2001, ad un anno dall’emanazione della legge 328, ha modificato, come è noto, il Titolo V della Costituzione trasferendo alle Regioni la materia di cui ci stiamo occupando.
L’inerzia, da parte di molte Regioni, nel recepimento delle funzioni loro delegate dalla modifica costituzionale, ha determinato e determina tuttora, una grave lesione dei diritti umani per le persone con disabilità e per le loro famiglie.
La legge nazionale 112/2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore
delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, nota come legge per il “dopo di noi”, nelle intenzioni delle associazioni, che l’hanno fortemente voluta, avrebbe dovuto essere la risposta di emergenza al dramma di gesti insani messi in atto da genitori disperati davanti alla prospettiva di non poter più assistere i propri figli.
Nel percorso parlamentare la legge è stata stravolta, nella lettera e nello spirito, essa può comunque costituire un supporto, anche importante, per le Regioni, nel quadro dell’attuazione dei principi della legge 328/00. Oggi, invece, per molte Regioni questa legge è divenuta una sorta di alibi per sottrarsi agli obblighi che si sono assunte con le leggi regionali di recepimento della legge 328/00.
In sintesi, il diritto delle persone con disabilità ad una vita dignitosa, sia prima che dopo la perdita dell’assistenza dei familiari viene violato, in quasi tutte le Regioni.
Siamo convinti che una soluzione sostenibile, che rispetti la dignità e i diritti umani del cittadino, richieda un ripensamento di sistema da parte delle Regioni, ad esempio favorendo e supportando la nascita di Fondazioni di Partecipazioni o di Comunità Territoriali, che permetterebbero al cittadino utente di trovare risposte efficaci ed economicamente sostenibili nel proprio “territorio”.
La situazione a cui abbiamo fatto cenno, scelta perché attuale e nello stesso
tempo emblematica, vuole rappresentare a questa Commissione che l’intera
architettura del welfare, teoricamente ben impostata e in massima parte formalmente adeguata alle esigenze dei cittadini, nel concreto finisce per mascherare subdole violazioni dei diritti umani di cittadini deboli e troppo spesso indifesi. Questa situazione, in buona misura, è conseguenza della mancanza di: governance, controllo, valutazioni effettive su efficacia ed efficienza delle misure adottate, frammentazione delle competenze, interpretazioni, da parte degli organi operativi, spesso forzate e fantasiose.
Molti sono gli esempi che si potrebbero trarre dalla quotidianità delle nostre associazioni! Auspichiamo, in conclusione, che questa Commissione possa approfondire il tema di “belle leggi” inapplicate e neglette le quali artatamente schermano situazioni di pesante lesione dei diritti costituzionali ed umani dei cittadini più deboli.