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U.F.Ha a “Basta la salute” su RaiNews24

Il Presidente dell’U.F.Ha. – Unione Famiglie Handicappati, Guido Trinchieri, è stato ospite di Gerardo D’Amico al programma “Basta la salute” su RaiNews24, raccontando la sua esperienza personale nella gestione dei suoi figli nel corso dell’emergenza coronavirus e delle necessità dei disabili, che avrebbero bisogno del supporto della medicina del territorio in questo periodo difficile.

Audizione U.F.Ha. alla Commissione Tutela e Promozione dei Diritti Umani

Il Presidente di U.F.Ha., Guido Trinchieri, è stato ascoltato dalla Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani.
Di seguito il suo intervento.

Va innanzi tutto sottolineato che il vivere dignitosamente è strettamente connesso al riconoscimento dei diritti fondamentali della persona. U.F.Ha. ritiene quanto mai opportuna la scelta di questa Commissione di allargare la sua verifica al mondo della disabilità, in un momento storico caratterizzato da disattenzione e arretramento rispetto all’attuazione dei principi e dei contenuti della Carta Costituzionale al mondo delle disabilità, in concreto troppo spesso manca una corretta attuazione delle politiche sociali, che pure nascono e si rifanno a quei principi.

Questa Commissione si occupa di temi della massima rilevanza, trattando della violazione dei diritti umani a livello nazionale ed internazionale. Le nostre associazioni, o meglio, tutti i cittadini italiani, hanno a disposizione strumenti legislativi rispettosi della dignità della persona e dei diritti di cittadinanza secondo i principi fondamento della Repubblica. Constatiamo tuttavia, come, inerzia, sciatteria, disattenzione, superficialità, nell’attuare le leggi dello Stato, non di rado, sconfinano nella violazione di diritti umani.

È noto che fino agli anni Sessanta del secolo scorso le politiche sociali nazionali rispondevano sostanzialmente al dettato della legge Crispi del 1890, che regolava le istituzioni “elemosiniere e di assistenza e beneficienza” alle quali era stato affidato il compito di assicurare «il mantenimento nei ricoveri di mendicità o in altri istituti equivalenti, degli individui inabili al lavoro, privi di mezzi di sussistenza e di congiunti tenuti per legge a somministrare gli alimenti».

Negli anni, grazie all’impegno di tutti, e dell’associazionismo in particolare, il rispetto dei diritti umani si è decisamente imposto e, oggi, la Repubblica Italiana si è dotata, nello specifico, di una legislazione che non è una iperbole definire la più civile d’Europa.

Questo cambiamento culturale, e di prospettiva, stenta tuttavia a trovare pienamente spazio nel nostro sistema sociale, incidendo spesso solo marginalmente sulle condizioni di vita delle persone con disabilità, tradendo le aspettative delle persone con disabilità e delle famiglie che se ne prendono cura, così i disservizi si trasformano in concreta violazione di diritti costituzionali ed umani.

È utile entrare nel dettaglio facendo riferimento, come caso di studio, ad uno dei temi più attuali, il cosiddetto “dopo di noi” (Legge 22 giugno 2016, n. 112).

Nel 2000 è la legge 328, “Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali
” a sancire un radicale mutamento di paradigma rispetto alla legge Crispi nell’approccio ai problemi connessi alle condizioni di vita delle persone più fragili ed esposte.

Nello specifico, all’art.14 la legge parla di “progetti individuali per le persone disabili”, espressione che avrebbe necessariamente compreso le situazioni
conseguenti al venir meno del supporto delle cure parentali, appunto il “dopo di noi”.

La legge cost. 3/2001, ad un anno dall’emanazione della legge 328, ha modificato, come è noto, il Titolo V della Costituzione trasferendo alle Regioni la materia di cui ci stiamo occupando.
L’inerzia, da parte di molte Regioni, nel recepimento delle funzioni loro delegate dalla modifica costituzionale, ha determinato e determina tuttora, una grave lesione dei diritti umani per le persone con disabilità e per le loro famiglie.

La legge nazionale 112/2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore
delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare
”, nota come legge per il “dopo di noi”, nelle intenzioni delle associazioni, che l’hanno fortemente voluta, avrebbe dovuto essere la risposta di emergenza al dramma di gesti insani messi in atto da genitori disperati davanti alla prospettiva di non poter più assistere i propri figli.

Nel percorso parlamentare la legge è stata stravolta, nella lettera e nello spirito, essa può comunque costituire un supporto, anche importante, per le Regioni, nel quadro dell’attuazione dei principi della legge 328/00. Oggi, invece, per molte Regioni questa legge è divenuta una sorta di alibi per sottrarsi agli obblighi che si sono assunte con le leggi regionali di recepimento della legge 328/00.
In sintesi, il diritto delle persone con disabilità ad una vita dignitosa, sia prima che dopo la perdita dell’assistenza dei familiari viene violato, in quasi tutte le Regioni.

Siamo convinti che una soluzione sostenibile, che rispetti la dignità e i diritti umani del cittadino, richieda un ripensamento di sistema da parte delle Regioni, ad esempio favorendo e supportando la nascita di Fondazioni di Partecipazioni o di Comunità Territoriali, che permetterebbero al cittadino utente di trovare risposte efficaci ed economicamente sostenibili nel proprio “territorio”.

La situazione a cui abbiamo fatto cenno, scelta perché attuale e nello stesso
tempo emblematica, vuole rappresentare a questa Commissione che l’intera
architettura del welfare, teoricamente ben impostata e in massima parte formalmente adeguata alle esigenze dei cittadini, nel concreto finisce per mascherare subdole violazioni dei diritti umani di cittadini deboli e troppo spesso indifesi. Questa situazione, in buona misura, è conseguenza della mancanza di: governance, controllo, valutazioni effettive su efficacia ed efficienza delle misure adottate, frammentazione delle competenze, interpretazioni, da parte degli organi operativi, spesso forzate e fantasiose.

Molti sono gli esempi che si potrebbero trarre dalla quotidianità delle nostre associazioni! Auspichiamo, in conclusione, che questa Commissione possa approfondire il tema di “belle leggi” inapplicate e neglette le quali artatamente schermano situazioni di pesante lesione dei diritti costituzionali ed umani dei cittadini più deboli.

Lettera del Presidente

Amiche ed amici carissimi,

l’U.F.Ha. invecchia o meglio invecchiano i soci, invecchiano i genitori che continuano a reclamare per i propri figli diritti di cittadinanza al pari di ogni altro cittadino; anche quando, vita indipendente, per loro significa vita assistita e gestita da altri. Se per alcuni è importante il riconoscimento del diritto al lavoro, allo sport, alla mobilità autonoma, alla vita affettiva… per altri, molti altri, con gravi compromissioni delle facoltà fisiche e/o intellettive è fondamentale essere accompagnati con competenza verso una vita dignitosa, in particolare quando le famiglie, costrette fino allo stremo a supplire alle inefficienze dello Stato, non ci saranno più. La realtà, al di là dei civilissimi principi a cui si rifà la nostra legislazione poco e male applicata, è che nelle situazioni di maggiore gravità, ancora oggi, alle famiglie non viene data alternativa alla segregazione negli istituti e spesso nelle RSA.

E la legge 112/16? Quella legge per il “Dopo di Noi” per la quale l’U.F.Ha. tanto si è spesa con contributi, contatti, audizioni sia alla Camera che al Senato? Ebbene dobbiamo registrare, con il Consiglio Nazionale del Notariato, che il ricorso agli strumenti giuridici previsti dalla nuova legge hanno avuto un utilizzo insignificante. Mentre il finanziamento statale sta avendo ricadute diverse nelle diverse Regioni. Nella Regione Lazio abbiamo dovuto contrastare con forza tentativi di utilizzare i finanziamenti al di fuori dello spirito della legge. Questa deriva sembra però che si stia radicando in diversi Distretti di Roma Capitale e della Regione favorita da politiche incoerenti e dalla mancata applicazione della legge 328/00 e della L.R.11.      

L’U.F.Ha. nel panorama delle rappresentanze del mondo della disabilità resta fra le poche associazioni che reclama diritti per i più gravi, l’associazione per continuare nella sua missione ha bisogno del consenso e del sostegno dei propri soci.

Chiediamo il rinnovo della vostra iscrizione per la quale potete utilizzare il bollettino accluso, potete inoltre scegliere di destinare all’Associazione il vostro 5 per mille seguendo le indicazioni dell’allegato.

Le entrate del 5 per mille e delle iscrizioni contribuiscono alle spese necessarie a supportare la sezione sportiva ed alle spese vive di gestione (iscrizione alle federazioni, spese postali ecc). Il vostro sostegno e la vostra adesione sono necessari a livello concreto ed apprezzati a livello umano e personale.

Un saluto cordiale

G. Trinchieri

L’U.F.Ha. in audizione al Senato

Audizione XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale del Senato della Repubblica

L’U.F.Ha. ringrazia l’XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale del Senato della Repubblica per l’opportunità che le è data di esprimere le proprie osservazioni in merito ai disegni di legge n.n. 55,281,555,698 e 853, finalizzati al riconoscimento giuridico ed economico del caregiver familiare.

È opportuno premettere che l’U.F.Ha. si è costituita nel 1983 riunendo comitati di genitori già attivi negli anni 70, oggi perciò annovera fra i suoi soci molti genitori anziani, stremati da anni di cure e di assistenza prestate a figli disabili gravi ormai adulti, rimasti in casa per la totale mancanza di alternative.

I disegni di legge in esame meritano apprezzamento per la loro valenza civile a sostegno di comportamenti solidali di alto contenuto etico ed anche economico che vanno al di là degli obblighi di assistenza sanciti dal Codice Civile, tuttavia, sono orientati prevalentemente ai caregivers coinvolti in queste situazioni per un periodo della loro vita, infatti sfiorano appena la situazione dei caregivers che sono genitori di persone in situazione di grave disabilità impossibilitate a lavorare ed a rendersi in qualche modo indipendenti dalle cure familiari.

L’art.3 comma 1 del d.l. 0853, che esprime un concetto sotteso anche negli altri d.l. recita «L’assistito presta personalmente o attraverso l’amministratore di sostegno il consenso alla scelta del proprio caregiver familiare, salvi i casi di interdizione o inabilitazione nei quali il consenso è prestato rispettivamente dal tutore o dal curatore», non si attaglia alle  situazioni su cui vogliamo richiamare l’attenzione, ovvero quelle in cui né il caregiver,  né tantomeno l’assistito, hanno avuto alcuna possibilità di scelta eticamente accettabile trattandosi appunto di genitori e di figli con disabilità.

Il 49,9 % delle persone con grave disabilità, non conseguente ai problemi dell’invecchiamento, vive con i propri genitori, di queste, oltre il 30% sono affidate alle cure di genitori anziani; (c’è poi il 54% di persone con disabilità che vivono da sole e possono contare soltanto su familiari non conviventi mentre, ben il 20%, non riceve alcun tipo di aiuto)[1].

Una legge che intenda salvaguardare i diritti economici e di salute di tutti i caregivers non può non normare la specificità e la complessità dei problemi di questi genitori che si prendono cura di figli in situazione di grave disabilità.

  • Gli oneri, i problemi, lo stress, le ansie specifiche delle situazioni che vivono questi caregivers sono legati in massima parte alla mancata attuazione dell’ampia e civile legislazione in difesa dei diritti delle persone con disabilità (vedi a puro titolo esemplificativo l’allegato 1). In sostanza non si possono negare alle persone con disabilità i loro diritti, esasperando nel contempo le condizioni di vita anche di chi se ne prende cura, e pensare che, alla fine, la soluzione sia semplicemente concedere al ceregiver un riconoscimento giuridico ed un ristoro economico, in alcuni casi importante, ma comunque marginale nel complesso della situazione considerata. Serve poco o nulla il «supporto psicologico nella ricerca e nel mantenimento del benessere e dell’equilibrio personale e familiare, per prevenire rischi di malattie da stress psico-fisico» (art. 5 comma 2l del d.l. 0853). Serve invece un forte richiamo, con riferimenti alla legislazione statale e regionale, espresso con chiarezza nell’articolato della legge, in merito a quanto sopra discusso.
  • Entrando nello specifico di alcuni articoli, ci riferiamo all’art.5 commi f) e g) dello stesso d.l. 0853, crediamo pensati con le migliori intenzioni ma, calati nella realtà rischiano di discriminare quel circa 70% di persone con disabilità, assistite da caregivers non conviventi, o non assistite affatto f) percorsi preferenziali nelle strutture sanitarie al fine di ridurre i tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie per il caregiver familiare e per l’assistito; g) il rilascio di apposita tessera di riconoscimento come caregiver familiare, al fine di consentire forme di priorità nel disbrigo di pratiche amministrative svolte nell’interesse dell’assistito e del caregiver familiare stesso.

Il presidente

Guido Trinchieri

[1] Fonte: ISTAT audizione dell’ottobre 2014

Scarica la lettera per l’incontro di U.F.Ha. con il Ministro Fontana.

Il “Dopo di Noi” tra opportunità e mistificazioni

Il Presidente dell’U.F.Ha., Guido Trinchieri, è intervenuto sul sito Superando.it per parlare del “Dopo di noi”. Riportiamo di seguito l’articolo pubblicato.

***

«È nella responsabilità delle Regioni – scrive Guido Trinchieri, a due anni dalla Legge 112/16, meglio nota come “Legge sul Dopo di Noi” – attuare, utilizzando anche gli strumenti previsti nella Legge 112/16, proprie scelte politiche, necessarie per dare al problema del “Dopo di Noi” una soluzione solidaristica ed universalistica. E tutte le Regioni dovrebbero istituire un organismo regionale permanente di gestione e garanzia, il quale assumesse la governance di un sistema che non può essere lasciato allo spontaneismo di un’utenza tanto più debole quanto più impellente è il bisogno»

Ombra di persona che spinge una persona in carrozzina, su sfondo violaLa discussione riguardante la Legge 112/16 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare), nota come “Legge sul Dopo di Noi”, è in questo momento al centro di un effervescente dibattito pubblico. Articoli, convegni, congressi, riempiono le giornate di chi cerca la soluzione ad un problema che tecnici, politici, conferenzieri improvvisati e perfino alcune Associazioni di persone con disabilità considerano risolto… Eureka! Abbiamo la Legge 112!
Troppi genitori ormai anziani, invece, non riescono a vedere alternative al prendersi personalmente cura di figli con grave disabilità, e continuano ad annullare, nella cura e nell’assistenza, la loro vita sociale, personale e lavorativa fino allo stremo. Solo loro sembra non vogliano capire!

Ma quali sono i frutti dei due anni di vigenza? Quale il senso di questa Legge? Cosa dicono i conferenzieri blasonati e i funzionari affannati?
Sono stati stipulati, in tutta Italia solo una decina di trust in favore di persone con grave disabilità. Nella Regione Lazio l’avviso pubblico di manifestazione di interesse per l’individuazione di un patrimonio immobiliare solidale da destinare alle finalità della Legge 112, sembra non abbia raccolto, fra pubblico e privato, più di una ventina di adesioni.
Questa situazione merita una riflessione e un chiarimento circa il senso di questa Legge.

Con essa, lo Stato, esercitando proprie prerogative e competenze, ha messo a disposizione delle Regioni una cifra, per altro modesta, e l’adattamento di alcune norme finanziarie tese ad agevolare la trasmissione di beni a persone con grave disabilità.
Il grande fermento intorno a questa Legge, tuttavia, non si concentra sulle difficoltà nell’applicazione delle norme a carattere finanziario, per la cui correzione la dottoressa Pierluisa Cabiddu, consigliere nazionale del Notariato, si sta generosamente spendendo, ma sulla spartizione di un finanziamento la cui entità, rispetto alle dimensioni del problema, è poco meno di un “calcio di mosca”!

Chi scrive ha convintamente dato il proprio contributo a questa Legge con incontri e audizioni sia alla Camera che al Senato, ben sapendo di lavorare ad uno strumento importante, ma di dettaglio rispetto al problema centrale, che è l’attuazione dell’insieme delle politiche per la disabilità previste nella nostra Legislazione. Questa considerazione, non a torto, ha fatto dire ad alcune Associazioni che si stava varando una legge pleonastica.
È in capo alle Regioni, in forza della riforma del Titolo V della Costituzione, l’attuazione delle politiche sociali che hanno la loro matrice nella Legge 328/00 (varata prima della stessa riforma del Titolo V).
La Regione Lazio solo nel 2016 ha provveduto a recepire la Legge 328/00, licenziando, il 10 agosto di quell’anno, la Legge Regionale n. 11, che prevede, all’articolo 9 il «piano personalizzato di assistenza» e all’articolo 12, comma c, la «realizzazione di reti di sostegno e di strutture residenziali di tipo familiare all’interno della comunità, a favore di persone con grave disabilità e delle persone con sofferenza psichica prive di adeguato sostegno familiare per interventi del prima e del dopo di noi. In tale contesto sono promossi interventi ed azioni mirati alla fase del durante noi, al fine di garantire la progressiva presa in carico della persona con disabilità, anche grave, durante l’esistenza in vita dei genitori, rafforzando quanto previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili nonché di favorire la deistituzionalizzazione dei servizi alla persona e assicurare la continuità di cura, la dignità e l’autonomia della persona con disabilità priva di sostegno familiare».

È perciò nella responsabilità delle Regioni – della Regione Lazio nello specifico – attuare, utilizzando anche gli strumenti previsti nella Legge 112, proprie scelte politiche, necessarie per dare al problema del “Dopo di Noi” una soluzione solidaristica ed universalistica, secondo i princìpi democratici che la citata Legge Regionale 11/16 ha egregiamente interpretato.
Inoltre, sull’esempio delle buone prassi già attuate da altre Regioni, andrebbe istituito un organismo regionale permanente di gestione e garanzia, declinato da alcune Regioni come Fondazione di Partecipazione, che riscuota la fiducia delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ed assuma la governance di un sistema che non può essere lasciato allo spontaneismo di un’utenza tanto più debole quanto più impellente è il bisogno.

Su questo va cercata un’interlocuzione con i decisori politici, per integrare gli strumenti tecnico giuridici a disposizione con altri amministrativi di conio regionale, che consentano di attuare politiche in armonia con la Legislazione vigente, a partire dalla citata Legge Regionale 11/16 (Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio), che si rifà all’intero corpus della legislazione sui problemi della disabilità, a partire dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Guido Trinchieri intervistato da byNightRoma

Guido Trinchieri, Presidente U.F.Ha. è stato intervistato da byNight Roma.

Nel corso dell’intervista, Guido ha ripercorso la storia dell’associazione e i cambiamenti della società nell’inclusione delle persone con disabilità, fino a parlare della legge “Dopo di noi” e della necessità per le Regioni di applicarla ripartendo i fondi stanziati e assolvendo agli obblighi che la legge gli impone.

Conferenza nazionale della famiglia

Più forte la famiglia più forte il paese

La vita ordinaria della famiglia che si prende cura di figli con disabilità è una sorta di laboratorio nel quale, oltre ai problemi specifici, sono esaltati ed esasperati tutti i
problemi della famiglia dei nostri giorni.

– Conciliazione famiglia-lavoro,
nel caso siano presenti figli con disabilità il problema di ogni famiglia di conciliare
l’attività lavorativa con le esigenze dei figli non è, come di norma, limitato nel tempo
ma incombe sull’intero ciclo della vita dei genitori;

– Economia familiare,
la mancanza di servizi appropriati a supporto dell’alto impegno che comporta
crescere un figlio con disabilità costringe spesso uno dei genitori, quasi sempre la
madre, a rinunciare al lavoro, provocando, oltre alla frustrazione personale,
l’impoverimento della famiglia, anche perché il padre ben difficilmente potrà
impegnarsi per una carriera e conseguire i relativi miglioramenti economici

– Mancanza di servizi di sostegno alla famiglia,
l’impatto della disabilità dei propri figli su una giovane coppia è dirompente da tutti i
punti di vista: è l’inizio di un doloroso percorso per la coppia o, non di rado, per il
genitore che non” scappa”. Non è semplice prendere atto che il proprio figlio non sarà
calciatore, ingegnere, insegnante, ma neppure giramondo, scavezzacollo, artista o
barbone…ma sarà un “bimbo” ancora quando i genitori, per l’età, avranno esaurito
ogni energia vitale. In questo percorso le famiglie sono sole. Quanti e quali consultori
hanno specialisti preparati per supportare le famiglie in queste situazioni? Quali i
supporti concreti?

– Problemi educativi
fino a non molti anni fa era opinione diffusa, anche fra” gli addetti ai lavori” che,
specialmente la disabilità intellettiva e relazionale, non meritasse cure mediche e men
che meno impegno formativo ed educativo. La cultura su questi temi è
profondamente cambiata, l’inclusione scolastica, fra luci ed ombre, è comunque una
realtà. La pedagogia speciale e la didattica, tuttavia, non sempre sono patrimonio del
corpo docente nel suo insieme. Anche per le famiglie sono rari testi di riferimento,
vale a dire quella messe di manualetti per crescere i figli che hanno sostituito l’esperienza delle nonne e che non esistono quando si deve educare un bambino con
disabilità.

– La stabilità della coppia,
non sempre le coppie sono preparate ad affrontare le rinunce che comporta la vita a
due, l’accoglienza dei figli ecc. La nascita di figli con disabilità apre la prospettiva di
una vita che in nulla assomiglia a quella sognata, pensata, pianificata ci si trova, nella
solitudine, in assenza di qualsiasi supporto a ricostruire sé stessi e, con scarse
probabilità di successo, il rapporto di coppia.
Questa disamina potrebbe proseguire toccando tanti altri aspetti dell’essere famiglia;
anche nelle famiglie numerose nascono figli con disabilità, molte famiglie hanno in
affidamento ragazzi disabili, non sono una rarità neppure le famiglie che li hanno
adottati.
Queste considerazioni vogliono introdurre una riflessione: le politiche per superare la
disabilità, nel nostro sistema sociale non vengono affrontate nella loro dimensione
familiare, ma quasi esclusivamente sul versante dei pur sacrosanti diritti individuali.
Questo approccio incide pesantemente sulle possibilità di riabilitazione e di recupero
del figlio con disabilità. Le opportunità negate alla famiglia sono, alla fine, diritti
negati alla persona con disabilità.

 

Dopo di noi
La famiglia andrebbe presa in carico fino alla gestione del transito, del figlio
divenuto adulto, verso una vita indipendente dalla famiglia evitando i traumi e le
tragedie di genitori anziani gravati dai problemi dell'età che si trovano ad assistere
figli adulti, nell'incertezza di quel dopo di noi per il quale la recente legge 112/16
offre alcuni strumenti, ma non soluzioni solidaristiche e universalistiche messe a
“sistema”.
Molte famiglie che si prendono cura di figli con grave disabilità intellettiva e
relazionale, che non hanno la forza economica, la competenza tecnica o vivono in
aree arretrate o “periferiche” del Paese, e sono la maggioranza, auspicano che lo Stato
attraverso, strumenti appropriati, es. fondazioni, assuma la regia di un “sistema” che
abbia due capisaldi: rispetto rigoroso della Convenzione ONU per i diritti delle
persone con disabilità( Legge 3 marzo 2009 n°18) ; diffusione capillare sul territorio
nazionale di soluzioni abitative ed assistenziali che replichino quanto più possibile
l’ambiente familiare.

Con quali mezzi economici?

– utilizzando tutte le previdenze già erogate dallo Stato (indennità di
accompagnamento pensione di invalidità, fondi specifici per il dopo di noi… pensioni
di reversibilità, di cui sono beneficiarie molte persone con disabilità.

– La legge 112/16 offre poi strumenti che consentono di finalizzare risorse rese
disponibili dai familiari (si dovrebbe comunque sempre accertare che non venga lesa
la quota legittima spettante alla persona con disabilità). Queste risorse, attraverso le
garanzie degli strumenti di cui alla legge 112, potrebbero affrontare efficacemente un
problema drammatico ma non insolubile.

– Sarebbe importante valutare l’applicabilità di strumenti giuridici che “favoriscano”
la destinazione dei beni residui, dopo il decesso del beneficiario, a favore
dell’“organizzazione” che gestisce il “sistema”; questi meccanismi potrebbero
concretamente portare alla sua autosostenibilità.

– Va considerato anche che la diffusione capillare nei territori, oltre a consentire alle
persone con disabilità di non essere sradicata dal proprio ambiente, favorirebbe,
l’attivarsi di quei preziosi fenomeni di solidarietà che ancora animano molte
comunità: un modello che ha nella storia delle istituzioni solidaristiche e benefiche
una antica e consolidata tradizione.

Il FORUM potrebbe intestarsi questa battaglia che ha necessità, nei suoi molteplici e
complessi aspetti, di essere verificata e“tradotta” da un piccolo pool di specialisti.

 

G. Trinchieri

“Passando vide un uomo cieco dalla
nascita e i suoi discepoli lo
interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato,
lui o i suoi genitori, perché egli nascesse
cieco?».
Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i
suoi genitori, ma è così perché si
manifestassero in lui le opere di Dio.»

La disabilità nel cuore della Regione

Dopo di Noi

Le amministrazioni Marazzo e Polverini sotto la spinta della Consulta hanno promosso e favorito attività di studio e di approfondimento sul tema del così detto “Dopo di noi”, giungendo a consolidare proposte concrete che risultano essere in sintonia con la legge nazionale approvata in questi giorni. Le sollecitazioni della Consulta, agite nell’ambito delle competenze e delle prerogative che la legge le conferisce, non hanno purtroppo suscitato alcun interesse nell’attuale amministrazione. Sappiamo che la legge, approvata dal Senato e licenziata in seconda lettura dalla Camera, dovrà essere resa operativa con la stesura dei regolamenti e, poiché si tratta di materie in larga misura di competenza regionale, dovranno essere le Regioni a farsi carico della sua attuazione, ed è necessario che la Consulta si impegni per evitare il rischio, tutt’altro che remoto, che venga replicato il travagliato percorso del recepimento della legge 328

In tutti i verbali delle nostre assemblee e negli incontri con l’assessorato a tutti i livelli, il presidente, l’ufficio di presidenza, il direttivo hanno lamentato la totale inosservanza da parte degli organi regionali degli obblighi imposti dalla legge istitutiva della Consulta. L’art.3 al punto 6 recita: “Le Commissioni consiliari permanenti competenti in materia di sanità e di servizi sociali provvedono a convocare, almeno due volte l’anno, apposite audizioni della Consulta in ordine a problematiche in discussione aventi particolare rilevanza in materia di disabilità e di handicap”. L’art.4 impone di richiedere il parere della Consulta sui programmi regionali d’intervento in favore delle persone disabili e sugli atti regionali che comunque abbiano ripercussioni sul mondo della disabilità e dell’handicap. Ripetute ed insistenti sollecitazioni e richieste di incontro non sono servite a far in modo che la Regione rispettasse questa sua legge.

Solo uno sgarbo istituzionale, come si usa dire? Forse no! Forse bisogna dirsi, con molta franchezza, che alcune associazioni ricercano e sollecitano contatti diretti con la “Regione” in un rapporto che qualche volta si fa vischioso. Per costoro risultano perciò pedanti e noiose le insistenze di chi sollecita una legge che migliori le condizioni di tutti o spinga per un dopo di noi, che salvi magari la vita a qualcuno dei nostri figli, o si batta per un’ISEE che misuri si, la ricchezza dei cittadini, ma in relazione ai loro bisogni. Il proprio progettino è più importante!

Le associazioni tutte, devono invece pretendere ed agire affinché la Consulta sia messa in grado di esercitare a pieno le sue funzioni istituzionali che sono diverse e complementari a quelle delle associazioni e delle federazioni. Diversamente la funzione di questo importante organo di consultazione, di proposta,e di rappresentanza democratica, che accoglie anche associazioni che non si riconoscono nelle due grandi federazioni, avrà sempre più un ruolo decorativo e asservito all’amministrazione del momento.

Chiudo ringraziando le associazioni e tutti i loro rappresentanti, in particolare coloro che nel direttivo hanno lavorato con spirito di sacrificio e con lealtà. Cito per tutti Francesca Bellafemina sulla quale in questi anni ho riversato oneri e frustrazioni.

Guido Trinchieri

Presidente uscente

I cittadini inesistenti, Cecilia Cattaneo Barbieri

Alleghiamo a questo articolo il volume Cecilia Cattaneo BarbieriI Cittadini inesistenti. Libro bianco sulla lunga guerra delle famiglie italiane con handicappati gravi contro lo stato sordo, cieco e diversamente abile“.

Ecco la postfazione del libro a cura di Guido Trinchieri, Presidente U.F.Ha..

***

Un impegno iniziato oltre quaranta anni fa, una meta ancora lontana, un contesto sociale, economico e culturale in profonda mutazione, l’incertezza del presente e del futuro, le sofferenze di tanti disabili, la disperazione delle loro famiglie, uno Stato che dovrebbe essere il garante primo dei diritti dei più deboli che invece, spesso, si mostra con la faccia arcigna del burocrate o del politico, inefficiente ed insensibile, questo ci raccontano le pagine sparse che Cecilia ha raccolto con cura e passione.

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